Campylobacter: perché non bisogna lavare la carne avicola cruda prima della cottura

Dal 2005 la campilobatteriosi è la patologia alimentare che ogni anno causa più casi clinici in Europa. Fra il 2008 e il 2015 si è registrata una vera e propria tendenza in crescita dei casi che – secondo i dati dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare (EFSA) – nel solo 2015 sono arrivati a più di 229.000. Fortunatamente, nonostante l’alto numero di persone colpite, la mortalità è bassa, ovvero pari allo 0,03%.

I sintomi della campilobatteriosi si manifestano come febbre, dolori addominali, diarrea, nausea e meno frequentemente vomito. A volte la comparsa della diarrea non è immediata, ma può essere preceduta 12-48 ore prima da cefalea, mialgie o malessere e febbre. Inizialmente i dolori addominali possono manifestarsi in modo diffuso e successivamente localizzarsi. La diarrea invece dura almeno un giorno e quando si protrae per più giorni può riportare anche la presenza di muco e sangue. La malattia ha un decorso variabile da uno a sette giorni, ma a volte può superare anche la settimana.

campylobatteriosi

Dal 2005 la campilobatteriosi è la patologia alimentare che ogni anno causa più casi clinici in Europa. La campilobatteriosi è causata da batteri del genere Campylobacter, che trovano nell’intestino dei volatili il loro habitat ottimale.

Per i casi di moderata entità generalmente non vengono somministrati antibiotici, tuttavia il trattamento può essere necessario per pazienti più vulnerabili come gli anziani, i soggetti immunocompromessi e i bambini. In questi soggetti la malattia può avere anche conseguenze gravi come batteriemia, meningiti, endocarditi o infezioni gravi, prolungate e ricorrenti.

La campilobatteriosi è stata inoltre associata a diverse conseguenze croniche che comprendono l’artrite reattiva, infiammazioni a carico di fegato e reni e la sindrome di Guillain-Barré.

Il campylobacter

Come suggerito dal nome, la campilobatteriosi è causata da batteri del genere Campylobacter. A questo genere appartengono 17 specie, tra cui Campylobacter Jejuni e Campylobacter coli, le specie che più spesso sono causa di enterocolite nell’uomo.

Il serbatoio principale dei Campylobacter è il tratto gastroenterico di molti animali a sangue caldo come pollame, bovini, pecore, suini, uccelli, cani e gatti. In particolare, essendo la temperatura media corporea dei volatili intorno ai 41°C e la temperatura ideale di crescita del microrganismo compresa fra 37 e 42°C, l’intestino di questi ultimi risulta l’habitat ottimale.

Alimenti a rischio

La maggior parte dei casi di trasmissione all’uomo avviene per ingestione di alimenti di origine animale o vegetale consumati crudi o poco cotti, precedentemente contaminati da acque non potabili o liquami, oppure contaminati per cross-contaminazione con alimenti crudi inquinati dal batterio. Nello specifico, i cibi più a rischio sono le carni fresche soprattutto di pollo, tacchino e maiale, le preparazioni di carne come hamburger e spiedini, il latte crudo e i suoi derivati e i vegetali crudi.

Carne pollo cruda

Tra i cibi più a rischio sono le carni fresche soprattutto di pollo, tacchino e maiale. Per prevenire la contaminazione degli alimenti è necessario adottare corrette pratiche igieniche nella loro  manipolazione; in particolare è sconsigliato il lavaggio della carne avicola cruda prima della cottura.

I campylobacter non moltiplicano negli alimenti conservati a temperature tra -18°C e 28°C, ma sopravvivono bene alle temperature di refrigerazione: infatti riescono a resistere nel latte e nell’acqua a 4°C per parecchie settimane.

Un’altra via di trasmissione all’uomo può essere quella del contatto diretto con animali infetti.

Cosa fare per difendersi?

Gli alimenti contaminati dal microrganismo non possono essere riconosciuti visivamente: è quindi necessario prevenire la diffusione del microrganismo adottando corrette pratiche igieniche durante la manipolazione e la preparazione degli alimenti (in particolare carne cruda di pollo e tacchino), oltre che effettuare una adeguata cottura che rappresenta il fattore di maggior protezione per i consumatori.

Nell’ottica di un corretta manipolazione è sconsigliato il lavaggio della carne avicola cruda prima della cottura: infatti la carne potenzialmente contaminata dal batterio, attraverso il lavaggio può inquinare utensili, piani di lavoro e alimenti pronti al consumo presenti in cucina attraverso schizzi di acqua contaminata.

Riferimenti


 

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