Quante volte le mamme chiedono di “andare a comprare il latte”, dando per scontata la tipologia da acquistare e lasciando i figli nel dubbio di fronte allo scaffale del supermercato? Comprare il latte infatti non è un’azione così banale come sembra.
In commercio ci sono varie tipologie con caratteristiche diverse, che necessitano di precauzioni differenti per il trasporto, la conservazione e il consumo. È quindi necessario che chi acquista questo prodotto sia consapevole e informato per ridurre i rischi alimentari.
Vediamo allora di fare chiarezza sulle diverse tipologie di latte che possiamo trovare in vendita e su quali accorgimenti adottare per evitare questi rischi.
Che cos’è il latte?
Il latte è il prodotto della mungitura regolare di animali mammiferi in buono stato di salute e nutrizione. È una miscela complessa costituita da acqua e altri componenti solidi come carboidrati, lipidi, sali minerali e vitamine.
In Europa e nei Paesi occidentali il latte più diffuso e consumato è il latte vaccino, ovvero il latte di vacca, ed è di questo latte che parleremo principalmente in questo articolo. Tuttavia in altre parti del mondo ci sono anche altri tipi di latte molto consumati come il latte di capra, quello di pecora o quello d’asina.
Quando in etichetta troviamo il termine generico “latte”, viene inteso sempre latte vaccino. Nel caso di latte prodotto da altri animali invece deve essere specificato l’animale di provenienza.
Questa indicazione è importante perché il latte ha caratteristiche organolettiche (ovvero di aspetto, gusto e olfatto) e valori nutrizionali diversi a seconda della specie che lo ha prodotto. Per esempio il latte di pecora e il latte di capra si distinguono per un aroma e un gusto caratteristici rispetto a quello di vacca, e in generale contengono più grassi e proteine.
Il latte vaccino invece è costituito da:
- 87% d’acqua,
- 4,9% di lattosio,
- 3,9% di lipidi,
- 3,5% di proteine,
- 0,7% di sali minerali, vitamine ed enzimi.
I rischi del latte
Dopo la mungitura il latte potrebbe essere contaminato da batteri patogeni come Salmonella, Escherichia coli, Staphylococco, Campylobacter o Listeria. Questi microrganismi possono essere presenti in stalla, negli ambienti di allevamento o negli animali stessi e accidentalmente possono inquinare il prodotto. Se ingeriti dall’uomo possono causare malattie a trasmissione alimentare, con conseguenze anche gravi per la salute.
Per evitare questi rischi è necessario sottoporre il latte a un trattamento termico ad alte temperature, che permette l’abbattimento della carica patogena e che consente anche il miglioramento della conservabilità del prodotto, in quanto riduce o elimina la flora batterica responsabile dei processi di degradazione.
Le tipologie di latte
Il latte può essere distinto a seconda del contenuto di grassi, oppure a seconda dei trattamenti termici a cui è stato sottoposto per garantirne la sicurezza igienico-sanitaria.
Secondo il contenuto di grassi abbiamo:
- latte intero: quando il contenuto di grassi è pari almeno al 3,5%;
- latte parzialmente scremato: quando i grassi sono compresi tra l’1,5% e l’1,8%.
- latte scremato (o magro): quando i grassi sono inferiori allo 0,5%.
La classificazione in base al trattamento termico ci permette di distinguere invece in:
- latte crudo, se il latte non ha subito trattamenti termici con temperature superiori ai 40°C o trattamenti con effetto equivalente. Questo latte può essere venduto dai produttori direttamente al consumatore nei distributori automatici, ma in questo caso prima di consumarlo è necessaria la bollitura;
- latte pastorizzato, se il latte è stato trattato a 72°C per almeno 15 secondi. Il trattamento a questa temperatura garantisce di eliminare i batteri patogeni consentendo di non modificare eccessivamente le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del latte, modificazioni che sono tanto maggiori quanto più è elevata la temperatura usata per il trattamento. Il latte pastorizzato a suo volta può essere suddiviso in:
- fresco, quando il latte crudo è sottoposto a trattamento di pastorizzazione entro 48 ore dalla mungitura;
- fresco di alta qualità, quando il latte crudo di partenza è caratterizzato da ottime caratteristiche igienico-sanitarie che permettono di condurre una pastorizzazione a temperature leggermente più basse, lasciando al latte un valore nutritivo ancora più elevato;
- microfiltrato, quando il latte crudo prima della pastorizzazione subisce un trattamento che già allontana la flora microbica.
- latte pastorizzato a temperature elevate, ovvero superiori agli 80°C, sulle cui confezioni deve essere indicata la dicitura “pastorizzazione ad alte temperature”;
- latte Uperizzato o U.H.T, se è stato trattato a 135°C per almeno 1 secondo e immediatamente confezionato in modo asettico;
- latte sterilizzato, una tipologia poco diffusa che prevede il trattamento termico a temperature intorno ai 116-120°C per circa 20 minuti. Il prodotto subisce il trattamento già confezionato e sigillato nel suo contenitore.
Infine un tipo particolare è il latte modificato: in questo caso alcune delle componenti o determinate caratteristiche nutrizionali del latte sono state modificate tramite processi tecnologici, per esempio con l’aggiunta di vitamine, minerali o altri elementi che lo rendono più digeribile o più nutritivo. Tra questi sicuramente il più noto è il latte ad alta digeribilità, destinato alle persone intolleranti.
Acquisto del latte e informazioni in etichetta
Latte confezionato
Nell’etichetta del latte confezionato troveremo informazioni come:
- la denominazione dell’alimento,
- la composizione,
- la quantità netta,
- la data di scadenza o il termine minimo di conservazione nel caso del latte a lunga conservazione,
- la zona di mungitura o la zona di provenienza,
- il nome e l’indirizzo del produttore,
- il lotto,
- la temperatura alla quale deve essere conservato.
Inoltre all’interno di un ovale troveremo un codice che è il marchio di identificazione dello stabilimento di produzione. Questo marchio è rilasciato dalle autorità competenti e ci garantisce che la lavorazione del latte sia avvenuta in uno stabilimento sotto il controllo di veterinari ufficiali.
Se compriamo del latte fresco è sempre necessario dare un’occhiata al banco dei refrigerati: valutare lo stato d’ordine e cura degli alimenti esposti alla vendita, controllare le temperature del banco frigo, assicurarsi al tatto il prodotto sia effettivamente refrigerato.
Latte crudo
Le autorità sanitarie raccomandano che il latte crudo sia consumato solo dopo essere stato bollito: per questo sui distributori di latte crudo è obbligatorio sia ben evidente la frase “da consumarsi solo dopo bollitura”.
Sui distributori sono riportate anche altre informazioni come:
- la data di scadenza del latte,
- la specie di provenienza (bovino, ovino, caprino ecc…),
- le informazioni relative al produttore, tra cui la sede dell’allevamento di produzione.
Nel caso in cui il latte crudo venga acquistato già imbottigliato, la data di scadenza e la dicitura relativa alla bollitura devono essere riportate in etichetta.
Come conservarlo correttamente?
Per il latte fresco il mantenimento della catena del freddo è di fondamentale importanza. Dopo l’acquisto questo prodotto non va lasciato a temperatura ambiente per lunghi periodi di tempo soprattutto quando la temperatura esterna è elevata.
Per trasportarlo fino a casa è buona abitudine utilizzare una borsa termica e riporlo in frigorifero il prima possibile. Il latte deve essere mantenuto alla temperatura riportata sulla confezione fino al consumo.
La zona ideale del frigorifero dove conservarlo è quella intermedia, ovvero nei ripiani centrali che hanno una temperatura attorno ai 4-5°C. È meglio non usare lo sportello del frigo, dove invece le temperature sono generalmente superiori: in generale riserviamo questo scomparto per i prodotti che vogliamo refrigerare e che non necessitano del mantenimento della catena del freddo.
Quando scade?
Il latte ha periodi più o meno lunghi di conservazione in base ai diversi trattamenti termici che ha o meno subito. Vediamoli in dettaglio.
- latte crudo: massimo 3 giorni dalla data di mungitura;
- latte fresco pastorizzato: 6 giorni dopo la data di pastorizzazione;
- latte fresco pastorizzato microfiltrato: 10 giorni.
Il latte fresco riporta sulla confezione la data di scadenza con la dicitura “da consumarsi entro il”. Una volta superata tale data, il prodotto non va consumato ma eliminato perché non è più garantita la sicurezza igienico-sanitaria.
- latte sterilizzato: può essere conservato a temperatura ambiente fino a 180 giorni; dopo l’apertura va conservato in frigorifero e consumato entro pochi giorni;
- latte UHT a lunga conservazione: se mantenuto nella sua confezione originale integra ha una durabilità di alcuni mesi a temperatura ambiente. Dopo l’apertura va invece conservato in frigorifero e consumato entro 2-3 giorni. Sulla confezione è riportato il termine minimo di conservazione con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il”. Superata questa data se la confezione è integra ed è stata ben conservata non vi è un pericolo sanitario, ma un possibile scadimento delle caratteristiche qualitative del prodotto. È comunque conveniente rispettare il termine indicato e consumare il prodotto il prima possibile.
Riferimenti
- Ministero della Salute. Latte crudo, una scelta consapevole
- Ministero della Salute. IZSLER. Ecco perché bevi latte e mangi latticini sicuri
- Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (2015). Latte crudo, quali sono i rischi?
- EFSA (2015). Bere latte crudo: che rischi si corrono?
- Jay J.M., Loessner M.J., Golden D.A. (2009). Microbiologia degli alimenti. Springer
- Galli Volonteiro A. (2005). Microbiologia degli alimenti. Casa Editrice Ambrosiana
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