L’echinococcosi cistica è una malattia causata da un piccolo parassita, una tenia di pochi millimetri: l’Echinococcus granulosus. Coinvolge principalmente il cane e la pecora, ma anche altri animali domestici come capre, maiali, bovini, cavalli e animali selvatici. Anche l’uomo può essere colpito dalla malattia se ingerisce alimenti in cui sono presenti le uova del parassita, in particolare frutta e verdura.
Il cane è l’ospite definitivo del parassita, ovvero l’unico in cui quest’ultimo riesce a svilupparsi fino alla forma adulta e riprodursi. Per il cane, che alberga il parassita adulto nell’intestino, si tratta di un’infezione lieve, mentre le forme larvali cistiche che colpiscono gli altri animali (ospiti intermedi) ma soprattutto l’uomo possono provocare sintomi gravi.
All’interno degli ospiti intermedi e dell’organismo umano infatti le uova di echinococco possono evolvere in cisti in vari organi. A causa di violenti traumi come incidenti automobilistici o brutte cadute, le cisti possono rompersi e causare la morte per shock anafilattico, oppure creare nuove cisti che vanno a complicare il quadro clinico del soggetto colpito.
L’essere umano rappresenta un ospite accidentale del parassita, ed è necessario si verifichino circostanze particolari perché avvenga l’infezione umana.
Come si infettano l’uomo e gli altri animali?
L’uomo e gli altri animali contraggono l’echinococcosi ingerendo le uova del parassita eliminate con le feci da un cane infetto e disperse nell’ambiente. Le uova sopravvivono nell’ambiente esterno per lunghi periodi e rimangono vitali nel terreno per molti mesi. Inoltre grazie all’azione di eventi atmosferici come la pioggia, o attraverso gli insetti come le mosche, riescono a diffondersi ulteriormente.
Le uova disperse nell’ambiente possono quindi contaminare la verdura e la frutta o altri alimenti di cui si ciba l’uomo, oppure l’erba di cui si nutrono gli animali domestici.
Dopo l’ingestione da parte di ospiti intermedi o accidentali, il parassita penetra la parete intestinale e tramite il circolo ematico raggiunge il fegato ed eventualmente i polmoni. Questi due organi sono quelli più frequentemente colpiti, ma le forme larvali dell’echinococco possono parassitare occasionalmente anche altri organi del corpo, comprese le ossa ed il cervello.
Raggiunto l’organo bersaglio, la forma larvale del parassita si sviluppa in una cisti, detta cisti idatidea, che può raggiungere dimensioni notevoli. All’interno della cisti si trova uno strato germinativo da cui si originano delle vescicole contenenti all’interno i protoscolici, ovvero dei piccoli parassiti. Le vescicole che si staccano tendono a cadere sul fondo della cisti, formando la cosiddetta “sabbia idatidea”, che in seguito alla rottura della cisti può diffondersi nell’organismo ospite e causare shock anafilattico.
Nel caso in cui organi di animali parassitati vengano dati in pasto ai cani o nel caso in cui carcasse di animali infetti abbandonate vengano predate da cani randagi, il ciclo del parassita si completa, raggiungendo nuovamente la forma adulta nell’intestino del cane e rilasciando le uova nell’ambiente esterno.
Come difendersi quindi dall’echinococcosi?
Alcune semplici pratiche igieniche come lavarsi le mani prima di cucinare e lavare accuratamente le verdure e la frutta, in particolare quella che cresce a contatto col terreno come le fragole, i frutti di bosco e i funghi, riducono il rischio di infezione.
Il modo migliore per difendersi dall’echinococcosi cistica è in ogni caso la prevenzione. Per questo è molto importante rispettare queste semplici regole fondamentali per interrompere il ciclo del parassita ed evitare che questo si diffonda nell’ambiente:
- Quando si adotta un cane, è necessario assicurarsi sia stato trattato contro l’echinococco;
- Non si deve mai alimentare il cane con visceri o carne cruda o poco cotta anche se acquistata dal macellaio di fiducia;
- Nutrire il cane con alimenti ben cotti o con cibi commerciali;
- Non lasciar vagare il cane senza controllo in modo particolare in zone di campagna;
- Raccogliere ed eliminare sempre, in modo adeguato, le feci che il cane rilascia nell’ambiente;
- Portare periodicamente il cane dal veterinario per un esame coprologico di controllo.
Riferimenti
- Urquhart G.M., Armour J., Duncan J.L., Dunn A.M., Jennings F.W. Parassitologia veterinaria. UTET
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